DONNE ED EMIGRAZIONE
Sei anni dopo la prima grande mostra dell’emigrazione molisana fatta sempre negli spazi della
Fondazione Molise Cultura, che ha visto una presenza di pubblico straordinaria (oltre cinquemila
visitatori, in prevalenza giovani studenti) oggi, fortemente voluta dall’Assessore alla Cultura – Turismo
e dei Molisani nel Mondo, ing. Vincenzo Cotugno, riproponiamo una mostra sull’emigrazione della
nostra regione con un occhio indagatore diverso da quello di sei anni fa. Rimane comunque la finalità:
una mostra didattica rivolta agli alunni delle scuole di ogni grado. Per loro in particolare, come per
ogni molisano, ricordiamo che non si può capire, ancora oggi, la storia della nostra Regione se non si
ha conoscenza del fenomeno migratorio che l’ha attraversata sin dagli anni Settanta dell’Ottocento
e che continua ancora nei giorni nostri. Questa mostra abbiamo voluto dedicarla alla figura della
donna, che la storiografia ha scarsamente considerato rispetto al ruolo svolto all’interno del
fenomeno migratorio.
In tal senso abbiamo riunito le migliori immagini degli archivi molisani: archivio Pilone di Larino;
Centro della fotografia, archivio “La Grande Onda” di Domenico D’Addario, San Martino in Pensilis,
curata dal cultore della memoria storica locale Emiliano Di Tata; archivio De Vito d’Isernia ed infine il
contributo della Fondazione Molise Cultura proveniente dall’archivio dell’ingegnere Flavio Brunetti,
“Non aprire che allo scuro”. Un patrimonio iconografico immenso che la nostra regione può vantare
in merito all’emigrazione.
Altri documenti fotografici significativi sono in altri archivi privati o di associazioni, di cui sottolineiamo
l’importanza della catalogazione e diffusione anche attraverso i nuovi archivi elettronici al fine di
conservarne la memoria, di renderne accessibile lo studio, valorizzandone dunque la vasta ricchezza
culturale, sociale, antropologica ed umana che emerge dalle immagini.
Le foto in esposizione, trattandosi nella fattispecie di documenti storici, vanno lette tenendo conto
della forza espressiva che le donne ed i bambini esprimono; in questo tipo di documento si può infatti
individuare una comunicazione attraverso messaggi subliminali che le famiglie ed il fotografo
celavano nello scatto, rendendo l’immagine leggibile per il proprio congiunto emigrato in “america”.
Spesso questi messaggi vogliono essere toccanti rassicurazioni agli occhi di chi è lontano, le foto
sembrano quasi parlare: “Tutti stanno bene”; “I bambini crescono sani”; “Stiamo tutti in salute”;
“Stiamo tutti bene grazie al tuo sacrificio”. Alcune volte questi messaggi, o meglio la loro lettura,
passa attraverso dettagli, oggetti: mettere in mostra un frutto, una spiga di grano, un cimelio di
famiglia, un ricordo, un regalo, un orologio o un borsellino aperto e vuoto, simbolo di una struggente
richiesta d’aiuto.
Sicuramente il più suggestivo fra i contributi fotografici è lo scatto denominato “La pietà”, una
bambina tra le braccia della mamma che dilata il tempo e la bidimensionalità dello scatto, che fa
riflettere sul significato della morte, e sul valore di un momento impresso per sempre sulla pellicola.
Lucido, disperato, toccante ed estremo messaggio da inviare al marito lontano. Non solo la lettera
che annuncia il doloroso e tormentoso evento, ma anche la necessità di testimoniarlo attraverso
l’immagine. Una madre, che in questo modo mostra una consapevole e disperata freddezza rispetto
al dramma che ha colpito la famiglia. Una foto unica, irripetibile per la portata umana e sociale del
messaggio.